? “Jalz’t e mitt la camméise e dàmme jóve ca m’ha permìse…”? E’ un “piacevole” ritornello che riecheggia nelle strade del nostro paese la notte di Pasqua, dopo la celebrazione eucaristica, quando ancora oggi come un tempo, alcuni ragazzi capursesi vanno in giro a “fare le uova”, simbolo indiscusso delle festività pasquali. Una tradizione questa che accompagna tutte le altre, proprie della Pasqua capursese.
Le restrizioni della Quaresima dovrebbero farsi più intense durante la Settimana Santa a partire dal giovedì con la tradizionale lavanda dei piedi e la visita da parte dei fedeli ai sepolcri allestiti nelle chiese del paese, e il venerdì con le processioni che rievocano la Passione di Gesù. Il sabato serve come preparazione alla Pasqua, giorno di Resurrezione del Cristo. La domenica è giorno di festa nel cuore e in tavola: a partire dagli antipasti con “u b’n’ditt” (uovo sodo, scamorza, una fetta di arancia e una di soppressata, usato per lo più a Bari), passando per le orecchiette con il sugo delle braciole, l’agnello arrosto e arrivando ai dolci con le tradizionali “scarcèdde” e i taralli all’uovo “cu’ sc’lèpp’” (glassa di zucchero).
Ma è il lunedì che si aspetta per gioire all’aperto e in compagnia. Oggi sembra ci sia un’attenzione particolare specie da parte dei giovani a decidere e scegliere “cosa fare a Pasquetta”. Fino a circa trent’anni fa alcune famiglie capursesi trascorrevano il lunedì dell’Angelo in casa; la loro Pasquetta era il martedì, giorno in cui, armati di pane, vino, cicorie, carciofi fritti, frittate e tanta allegria, andavano nelle campagne vicino al paese e non solo. Famiglie e amici si spostavano “sòpe o bacile” (o “o pacif’che”, sulla via di Casamassima), nelle campagne nei pressi della Chiesa di Ognissanti di Cuti oppure verso Castel del Monte: si giocava, si mangiava e si rideva trascorrendo la giornata fino a sera. tempo permettendo, in completa e sana spensieratezza.
Le festività di Pasqua erano così finite, si ritornava alla normalità in famiglia e al lavoro, aspettando il 1° Maggio per trascorrere altre ore in allegria con amici e familiari. Il 1° Maggio è la festa dei lavoratori, oggi ricordata anche per la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, avvenuta a Roma nello scorso 2011. Anni fa a Capurso era un’occasione per festeggiare e stare insieme in campagna. Nell’atmosfera che si veniva a creare c’era chi, soprattutto le giovani donne, per riconciliarsi con persone o famiglie amiche o per allargare il “comparato”, riceveva dal sacerdote una benedizione, insieme alle comari che si sceglievano. Queste così erano chiamate “ch’mmèr d’ pàssa-pàss”. Per identificarsi avevano un nastrino colorato legato al braccio o in testa e potevano esserci dei regalini da parte delle “neo commare”. Ma il “comparato” poteva farsi anche con una semplice stretta di mano.
La Primavera porta con sé la solarità e la voglia quasi di rivivere questi momenti di aggregazione e di festa, tradizioni che possiamo e dobbiamo ricordare sempre con estremo rispetto.
Serena Pasqua a tutti!
Teresa Campobasso
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