Dopo il primo romanzo «Sopra il cielo», l’autore, che ha sceneggiato testi teatrali in vernacolo ed ha ottenuto diversi riconoscimenti nazionali per i suoi racconti, torna a convincere con questo suo secondo romanzo. Due spari di fucile turbano improvvisamente la quiete notturna della cittadina brindisina di Castelvecchio Adriatico: a pochi metri dall’uscio del casolare di don Secondo vengono ritrovate le teste mozze di due sue capre. Un delitto o un avvertimento? Un enigma da risolvere per le forze dell’ordine. Sullo sfondo si intravede sempre più nitidamente la mano della Sacra Corona Unita con i suoi traffici: l’arrivo in paese di uno sconosciuto, un casolare abbandonato come copertura, la ripresa degli sbarchi per il contrabbando di sigarette. A movimentare la tranquilla vita del paese intervengono poi le ondate migratorie albanesi, povera gente cui «la gente povera di Castelvecchio offrì di tutto».
Tratteggia per i lettori, in uno stile limpido e coinvolgente, spaccati di quotidianità l’autore è davvero bravo a giocare su più registri, «piegando» anche il vernacolo al sottile gioco dei personaggi, descrive situazioni e sentimenti, come se li avesse espressamente sperimentati. Egli somma idee e modelli consegnatigli da quelli, che egli definisce «co-autori» e, tra questi – il lettore se ne renderà conto pagina dopo pagina – c’è il «generoso Salento» e Brindisi, con le sue luci, i suoi colori e le sue persone. Un paese «dove il treno non passa e mai passerà», un treno su cui «rincorrere i sogni» o «sfuggire alle paure», un treno per scoprire il mondo. Le personali vicende degli straordinari abitanti di Castelvecchio, con i loro vizi e virtù, offrono all’autore terreno fertile per ripercorrere e affrontare alcuni problemi delle città del sud come il già rievocato dramma dell’immigrazione albanese, insieme con le difficoltà dell’allontanamento dei giovani dalla propria terra alla ricerca di lavoro soprattutto al nord. Un percorso a ritroso compierà invece Floriana, trasferitasi a Roma con la famiglia, ma mai pienamente soddisfatta della vita cittadina, le escursioni romantiche organizzate per lei da Tonino, inseparabile amico d’infanzia, danno all’autore la possibilità di ricostruire il fantastico scenario della riserva naturale di Torre Guaceto: un luogo fatato, magico, popolato di specie vegetali e animali straordinarie, fino ad arrivare al mare con le sue baie incantate di sabbia finissima che, mossa dalla brezza, sembra riprodurre un melodioso canto. Sarà proprio questo contatto con la natura a riconciliare Floriana con Castelvecchio, a farla «tornare indietro», a non farle «perdere di vista le proprie origini» e a farle ritrovare l’amore. «Il romanzo, attraverso la delicata storia d’amore tra Tonino e Floriana, finisce per incoraggiare i giovani a guardare al futuro senza perdere di vista le proprie radici», A questi luoghi ed a queste persone dedica (senza scriverlo) la sua arte.
<<L’Italia è fatta>>, mormorò Cavour prima di spirare, poco dopo la proclamazione del nuovo regno. Così, ci hanno raccontato a scuola, si sono chiuse nel 1861 le lotte risorgimentali di Mazzini e Garibaldi. Ma com’era il nostro Paese 150 anni fa? Siamo a Torino, in data 18 febbraio 1861: la città è invasa da una folla insolita, da signori in marsina e cilindro a militari in divisa, giornalisti e popolani, tutti accorsi ad assistere al battesimo del Regno d’Italia. Ad applaudire Vittorio Emanuele II una folla di deputati e senatori, tra i quali Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi, Massimo d’Azeglio e Garibaldi in camicia rossa. In mezzo a loro un inviato molto speciale… il giornalista Rai, e direttore della sede di Londra, dopo tre anni passati a Roma come direttore di Radio1 e dei Giornali Radio Rai, Antonio Caprarica. Da questo spunto nasce il suo ultimo libro, “C’era una volta in Italia – In viaggio fra patrioti, briganti e principesse nei giorni dell’unità” (Sperling & Kupfer – Rai/Eri, 276 pagine, prezzo di copertina 18,50 € – Acquista “C’era una volta in Italia” su Amazon.it), in cui il popolare volto dei servizi londinesi dei Tg Rai propone un’originale celebrazione dei 150 anni dell’unità d’Italia da inviato a ritroso nel tempo, ripercorrendo in lungo e in largo il nostro Paese per verificare “di persona” le reazioni della gente all’unità. Come nasce l’Italia? E qual è il suo volto, mentre si affaccia sulla scena della Storia? E come vivono e cosa pensano i milioni di italiani che stanno diventando tali senza saperlo? Caprarica ci porterà a Napoli, dove la corte borbonica ribolle di complotti, e falsi garibaldini si mettono in fila per ricevere la pensione da combattenti; andremo in Calabria, dove la nuova amministrazione promette di mantenere l’igiene pubblica mettendo al bando i maiali! Vedremo che nel Sud inizia la guerra civile tra i “briganti” e l’esercito dei “galantuomini”, che si rivelano terribili torturatori, mentre altrove continuano a morire patrioti che puntano a riunire l’intera nazione e conquistare Roma, dove Pio IX ha condannato a morte i “liberali” e ha ordinato incursioni nelle alcove sospette di immoralità. Caprarica incontrerà “personalmente” nobildonne che si dividono dai salotti agli ospedali da campo, madri che incoraggiano i figli a non abbandonare la lotta, ragazze che si uniscono ai garibaldini, e uomini “di penna e d’azione” che lasciano gli studi per combattere. Un affresco arguto e storicamente fedele di un’Italia di 150 anni fa che forse nemmeno immaginiamo, di un’intera nazione che si affaccia verso la storia spesso in modo abbastanza inatteso.
Valeria Davoli
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